Scoperta associazione fra intensità del gusto e
struttura del cervello
GIOVANNI ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XVI – 09 febbraio 2019.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di
studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: AGGIORNAMENTO]
Le basi neurofunzionali del senso del gusto sono
rimaste a lungo misteriose, sia perché questa branca della ricerca sulla
percezione è stata tradizionalmente trascurata, sia perché si è presto compreso
che l’informazione proveniente dai recettori del gusto non è che una componente
di una complessa integrazione multicanale difficile da analizzare. Ad esempio, l’apprezzamento
qualitativo del cibo che assumiamo, è un’esperienza complessa che include percezioni
olfattive sui caratteri aromatici, informazioni
gustative relative a dolce, amaro,
acido, salato e umami (il sapore del glutammato)[1], segnali nocicettivi
attivati dalle spezie piccanti, valori termorecettivi
e dati derivanti dal tatto
buccolinguale che analizza e riconosce trama superficiale, conformazione,
consistenza, struttura e dimensione del boccone di alimento[2].
Anche se si vuol rimanere alle cinque
categorie elementari dei sapori più sopra elencate, è noto che le cellule
recettrici del gusto utilizzano vari meccanismi molecolari per rilevare e
distinguere l’una dall’altra le classi di composti. Si ricorda che tali cellule
sensoriali sono organizzate in papille gustative innervate dai nervi cranici
VII, IX e X. Nozione consolidata è che il nostro senso del gusto riconosce
specificamente gli stimoli ionici dell’Na+ come salato e dell’H+
come acido[3]; e, nell’ambito dei composti, caratterizza i
monosaccaridi come generatori della sensazione del dolce e gli alcaloidi quella
dell’amaro. Invece, per quanto riguarda i meccanismi molecolari della
trasduzione gustativa, nonostante qualche recente progresso, le conoscenze sono
ancora molto limitate, per la relativa inaccessibilità delle cellule recettrici
del gusto, per la diversità di questi elementi sensoriali all’interno
dell’epitelio, e per numerose differenze con i modelli animali e tra i roditori
stessi. Il dolce, l’amaro e l’umami sono rilevati da recettori accoppiati a
proteine G[4]; in particolare, il tipo 1 dei recettori del
gusto (T1) riconosce dolce e umami, il tipo 2 dei recettori del gusto (T2)
media le risposte all’amaro[5].
Relativamente di recente è stato osservato
che, anche se i meccanismi molecolari della trasduzione hanno polarizzato
l’attenzione, la conoscenza di anatomia macroscopica corticale della funzione
gustativa umana è ancora notevolmente insufficiente. Tale constatazione ha
portato a vari studi di neuroimmagine funzionale che hanno identificato regioni
cerebrali associate alla percezione umana del gusto. Solo una piccola parte di
questi lavori è stata concepita per indagare i possibili rapporti fra struttura
cerebrale e caratteri della percezione gustativa. Hwang e colleghi hanno
esplorato la possibile associazione tra volumi cerebrali in regioni rilevanti
per il gusto e intensità dell’esperienza gustativa stessa.
(Hwang L. D., et al., Association between brain
structure and perceived intensity of sweet and bitter taste. Behavioural
Brain Research - Epub ahead of print doi: 10.1016/j.bbr.2019.01.046, 2019).
La
provenienza degli autori è prevalentemente la seguente: Queensland Brain
Institute, University of Queensland, Brisbane Queensland (Australia); Institute
for Bioscience, University of Queensland, Brisbane Queensland (Australia);
Faculty of Health, and Institute of Health and Biomedical Innovation,
Queensland University of Technology, Kelvin Grove, Queensland (Australia);
School of Clinical Science, Queensland University of Technology, Kelvin Grove,
Queensland (Australia); Monell Chemical Senses Center, Philadelphia,
Pennsylvania (USA).
Molti
esperti di cucina, gourmet e gourmand sono in grado di riconoscere la
presenza di una spezia o di un altro particolare ingrediente di un piatto con
un solo assaggio, spesso riuscendo anche determinarne la quantità. Pur senza
questo grado di specializzazione, tutti noi valutiamo il dolce, il salato e
l’amaro nella loro intensità e li giudichiamo in rapporto al nostro gradimento
e alle nostre preferenze. Questa abilità difficilmente si spiega sulla base
degli aspetti noti dell’interazione con i recettori e sembra dipendere da
particolari processi dell’elaborazione corticale della percezione gustativa.
Hwang e
colleghi hanno indagato l’associazione associazione tra volumi cerebrali in 82
regioni di interesse per l’elaborazione dell’informazione gustativa (ROI) e
intensità percepita di dolce, amaro e chinino. In un grande campione
australiano di persone sane, ossia del Queensland Twin IMaging (QTIM, n = 559),
il rapporto con l’intensità del sapore dolce è stato studiato mediante un tasso
medio pesato di glucosio, fruttosio, aspartame e neoesperidina diidrochalcone;
per il sapore amaro sono stati impiegati il propiltiouracile, il chinino e la caffeina.
È stata studiata l’intensità percepita del chinino in un campione quasi doppio
di americani sani appartenenti al noto Human Connectome Project (HCP = 1101).
Vediamo
gli esiti delle valutazioni nel QTIM. Un rapporto significativo è stato
rilevato per tre strutture corticali ed una sottocorticale. Più specificamente:
1) il giro del cuneo di destra, 2) il
giro temporale trasverso di sinistra,
3) il giro temporale inferiore di
destra; e, tra le sottocorticali, il nucleo
caudato di destra e sinistra. Tutte queste regioni erano associate con più
di uno stimolo gustativo (P < 0.05) e tendevano ad essere associate sia con
i sapori dolci che con quelli amari nella stessa direzione, suggerendo che
queste regioni ROI siano più in generale tarate per le sensazioni del gusto.
L’analisi
nel QTIM (n = 559) ha poi consentito il rilievo di 11 ROI associate a uno
specifico sapore: 4 al dolce, 3 al propiltiouracile, 2 alla caffeina, 2 al chinino.
Nel
campione americano HCP (n = 1101) il volume di 5 ROI era chiaramente associato
al gusto amaro del chinino.
L’associazione
tra la corteccia entorinale di sinistra e il chinino è stata rilevata in
entrambi i campioni: QTIM (r = - 0.12; p = 3.7 x 10-3) e HCP (r = - 0.06, P =
2.0 x 10-2).
In
conclusione, i risultati dello studio di Hwang e colleghi, per il cui dettaglio
si rimanda alla lettura integrale del testo dell’articolo originale, forniscono
la prima evidenza che, anche nelle persone sane, la variazione nella struttura
cerebrale è associata con il tasso di intensità del gusto. Inoltre, nel testo
sono forniti nuovi dati di conoscenza circa il circuito gustativo cerebrale umano.
L’autore della nota ringrazia la dottoressa
Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E
NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni Rossi
BM&L-09 febbraio 2019
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[1] Il ricercatore giapponese Kikunae Ikeda, studiando il sapore intenso del brodo di alghe, isolò nel 1908 il glutammato monosodico quale responsabile del sapore, che definì in giapponese “umami” (saporito) e indicò quale categoria fondamentale del gusto. In un’epoca più recente è stato identificato il recettore accoppiato a proteine G come eteromero T1R1/T1R3 (Li et al., 2002; Nelson et al., 2002).
[2] Tutta l’arte culinaria si basa sugli effetti prodotti dal cibo grazie a questa diversificata e complessa capacità di percepirne le caratteristiche. Molti aspetti della preparazione degli alimenti sono attualmente studiati in chiave biochimica e riferiti alla fisiologia umana; si pensi alla scienza in cucina di Dario Bressanini.
[3] La trasduzione per il salato e l’acido avviene per interazione diretta con i canali ionici.
[4] La trasduzione avviene mediante una segnalazione a cascata accoppiata a proteine G.
[5] T1 e T2 hanno importanti funzioni extragustative.